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OBIETTIVO:
fermare l'attenzione sui criteri di causalità, indispensabili ai fini dell'accertamento di una relazione causa-effetto
Qualsiasi metodo statistico non può costituire, di per sé, la prova che un'associazione tra due fenomeni sia basata su una relazione causa-effetto. Infatti, la prova deve avvenire seguendo una metodica accettata nel mondo scientifico, e cioè verificando la rispondenza a precisi criteri di causalità.
Sono già stati descritti i postulati di Henle-Koch, i postulati di Evans, e le regole di J.S. Mill, che possono essere considerati veri e propri criteri di causalità. Però ai fini didattici, credo sia più utile riassumere i criteri di causalità in soli cinque punti facilmente comprensibili. Questi cinque criteri derivano dalla proposta dello statistico inglese Sir Austin Bradford Hill (1965) e da quella del Comitato Consultivo per la Salute Pubblica degli U.S.A. (1964). I cinque criteri, elaborati in un ampio studio riguardante l'effetto del fumo nell'uomo, sono accettati nella comunità scientifica e sono adattabili anche alle malattie degli animali. Essi sono:
(1) Consistenza
(2) Forza
(3) Specificità
(4) Temporalità
(5) Coerenza
La consistenza di un'associazione richiede che studi diversi, eseguiti in tempi diversi ed in diverse condizioni sperimentali, evidenzino la stessa associazione.
"E questa sperienza si faccia più volte, acciò che qualche accidente non impedissi o falsassi tal prova, che le sperienzia fussi falsa, e ch'ella ingannassi o no il suo speculatore" [Leonardo da Vinci].
La forza di una associazione è un concetto un po' più complesso.
In sintesi, una associazione fra un presunto determinante di malattia e la malattia medesima può essere più o meno «forte». Tale forza può essere quantificata, ossia misurata calcolando, per esempio, il «rischio relativo». Il rischio relativo, che verrà trattato in dettaglio in un'altra unità, viene stimato attraverso il rapporto fra [proporzione di individui colpiti nel gruppo esposto alla presunta causa] e [proporzione di individui colpiti nel gruppo non esposto]. Come vedrai in seguito, quanto più il rischio relativo si discosta dal valore 1, tanto più forte è l'associazione. Inoltre, la forza dell'associazione aumenta se si riesce ad individuare l'esistenza di un effetto dose-effetto (cioè, più intensamente o a lungo agisce la presunta causa, più aumenta il rischio relativo).
Anche l'odds ratio costituisce un sistema per valutare la forza di una associazione.
ESEMPIO. Nell'uomo, la incidenza di cancro al polmone in fumatori è risultata 4-16 volte più elevata rispetto a non-fumatori. Questa osservazione rappresenta una prova molto più forte rispetto a quella fornita da studi nei quali l'incidenza di cancro renale era 1.1-1.6 volte più elevata nei fumatori che nei non-fumatori.
Il concetto di «forza» è stato magistralmente reso da Cosmacini e Sironi (2002):
"Che cosa distingue, dal punto di vista della concezione scientifica, una malattia del passato, quale potrebbe essere la peste o il colera, da una malattia sociale del presente, quale potrebbe essere il cancro?
Uno degli elementi di distinzione concettuale è senza dubbio quello che implica nella prima un criterio di causalità forte, tipica delle malattie infettive, e nella seconda un criterio di causalità debole, tipica delle malattie degenerative. Nelle une la «forza della causa« sta nel fatto che la causa patogena, cioè l'agente infettivo, è seguita «forzatamente» e con immediatezza dall'effetto patologico, cioè dalla malattia; nelle altre la «forza minore», o «debolezza» relativa, sta nel fatto che la causa o le cause patogene sono seguite «probabilisticamente» e a distanza dagli effetti morbosi, con un determinismo eziologico radicalmente mutato. La vecchia idea di causa si trasforma nel nuovo concetto di «fattore di rischio»."
La specificità misura la costanza con cui una specifica esposizione produce una determinata malattia; ovviamente, più la risposta biologica alla presunta causa è costante, e più è probabile che quest'ultima sia una causa effettiva. Questo criterio è applicabile soprattutto alle malattie infettive, nelle quali - generalmente - l'esposizione ad un particolare agente di malattia provoca la comparsa di quella stessa malattia. È invece difficilmente applicabile a molte malattie cronico-degenerative ove un singolo determinante (es. fumo di sigaretta) può provocare effetti molto diversi (bronchiti, tumori, malattia cardiovascolari ecc.).
La temporalità dell'associazione è basata sul semplice ed inoppugnabile principio che ogni causa deve precedere il relativo effetto. Questo criterio sembra così evidente da risultare quasi banale. Devi però considerare che, soprattutto per le malattie croniche, la successione temporale degli eventi può essere difficile da stabilire, anche perché l'inizio dell'«effetto» non sempre è facilmente evidenziabile. Ad esempio: quando «inizia» un tumore?
In alcune condizioni è possibile addirittura incorrere nell'errore di assumere che una variabile abbia preceduto temporalmente un'altra variabile quando invece si è verificato l'opposto.
ESEMPIO. E' stato notato che, nell'uomo, le persone sovrappeso sono soggette ad un rischio più elevato di morte per cause cardiovascolari rispetto alle persone di peso normale. Quindi, sarebbe logico prevedere che una perdita di peso in individui sovrappeso rappresenti un fattore protettivo.
Tuttavia, è stato dimostrato che la mortalità, al contrario, aumenta in coloro che diminuiscono di peso. La contraddittorietà dei dati viene giustificata se si tiene presente che, in molti casi, la perdita di peso è un segno precoce di alcune gravi malattie ad esito letale. Quindi, le condizioni che causeranno la morte possono precedere e causare la perdita di peso, e non viceversa.
La coerenza può venire definita anche «plausibilità biologica». Essa richiede che la presunta causa sia verosimilmente inquadrabile nel contesto delle conoscenze sull'argomento e sulla patogenesi. Può essere stabilita, per esempio, su modelli animali o su cellule viventi o su colture d'organo.
É da sottolineare che ciò che viene considerato «biologicamente plausibile» dipende dallo stato delle conoscenze mediche in quel momento. Ad esempio, nel XVIII secolo il concetto di «malattia contagiosa» era ritenuto non plausibile. D'altra parte, il meccanismo attraverso cui la agopuntura induce anestesia è poco chiaro e, quindi, per molti scienziati occidentali il fenomeno appare «biologicamente non plausibile».
In sostanza, la plausibilità biologica non è da ritenere un criterio indispensabile: se essa è presente, allora la causalità è più probabile; se invece è assente, allora devono essere ricercate altre prove di causalità. Se queste esistono e sono forti, allora la mancanza di plausibilità biologica può derivare dalla pochezza delle conoscenze mediche piuttosto che dall'assenza di associazione causale.
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
viene riassunto e commentato l'impianto e la metodologia dei due principali tipi di studi epidemiologici che servono a dimostrare l'esistenza di un rapporto causa-effetto: gli studi caso-controllo e gli studi di coorte.