Il primo esempio: la tastiera QWERTY
Avete mai fatto caso alla strana disposizione dei tasti sulle tastiere dei computer e delle macchine da scrivere? Attualmente la tastiera "normale" prevede che la prima la prima riga delle lettere dell'alfabeto cominci con i caratteri QWERTY. Ma da cosa deriva questa disposizione?
Sorprendentemente, la specifica posizione dei tasti, assai inefficiente e poco razionale, costringe a scrivere più lentamente rispetto a quanto sarebbe possibile con una disposizione diversa. Infatti la disposizione QWERTY venne scelta dal produttore attorno al 1870 un po' a caso e senza alcuna ragione specifica, ma al solo scopo di impedire al dattilografo di battere i tasti troppo velocemente, cosa che provocava inevitabilmente un inceppamento delle macchine del tempo.
Quella disposizione riuscí sempre a sbaragliare la concorrenza, compresa la più funzionale tastiera DSK (Dvorak Simplified Keyboard) del 1932, e diventó uno standard indiscusso, anche grazie alle scuole di dattilografia fatte sorgere dallo scaltro produttore delle macchine da scrivere QWERTY. Da allora nessuno fu più disposto a cambiare tastiera o a imparare l'uso di un differente layout dei tasti.
Paul Krugman, un eminente economista inglese, sostiene che la tastiera QWERTY può essere vista come "una parabola che ci mostra un modo nuovo e completamente differente di considerare l'economia del libero mercato. Questo nuovo modo respinge l'assunzione secondo la quale i mercati conducono l'economia alla migliore soluzione possibile; al contrario, esso prova che l'esito della competizione dei mercati spesso dipende in maniera fondamentale da eventi storici casuali." [Paul Krugman - Peddling prosperity. Economic Sense and Nonsense in the Age of Diminished Expectations, London, W.W. Norton, 1995, pp 222-23]. In sostanza, l'episodio dimostra che "il libero mercato non assicura all'individuo la libertà di scegliere Ciò più gli piace, ma lo costringe a prendere quello che è disponibile" [Ingrid Molderez. Freedom and Uncertainty. Emergence (1), 84-91, 1999].
Il secondo esempio: l'orologio di Paolo Uccello
Il famoso artista, originario del Casentino, morí poverissimo a Firenze nel 1475, alla veneranda età (per quei tempi) di 78 anni. Descritto dal Vasari come uomo "piccoso, solitario e intenebrato", riversò nelle sue opere pittoriche l'uso di una prospettiva moltiplicata all'infinito, a partire dall'impianto generale della scena fino ai più minuti dettagli; in molte delle sue opere è rappresentato un mondo fantastico simbolico, più consono alla tradizione gotica che al Rinascimento.
Paolo Uccello fece costruire e decorò l'orologio del Duomo di Firenze, funzionante secondo l'hora italica, utilizzata a quel tempo: il giorno cominciava subito dopo il calar del sole e finiva al successivo tramonto; il momento in cui cadeva l'ora del tramonto, cioè la ventiquattresima, variava a seconda delle stagioni. Il quadrante è diviso in 24 settori (come gli orologi dei sommergibilisti!) e si nota che le ore hanno inizio dal basso (nella posizione delle ore 6 degli orologi moderni) e le lancette girano... in senso antiorario!
Uno splendido manufatto, costruito in un periodo fertile di idee e di ingegni, che serviva a misurare il tempo in un modo che sicuramente era considerato "normale" dagli uomini dell'epoca, ma che oggi a noi risulta quanto meno bizzarro.