OBIETTIVO:
confrontare l'impostazione di studi retrospettivi e prospettivi, e verificarne le differenze.
Nella sequenza delle ricerche sulla eziologia di una malattia, spesso il veterinario clinico effettua osservazioni di eventi che lo inducono a formulare ipotesi. Tali ipotesi, proprio proprio perché derivanti da osservazioni limitate e avvenute soltanto per caso, vanno verificate in modo obiettivo.
Le ipotesi eziologiche basate su osservazioni cliniche sono spesso riassumibili in una semplice ipotesi del tipo:
Le affermazioni di questo tipo vengono verificate, in genere, prima con studi di tipo retrospettivo e successivamente, se questi confermano l'ipotesi, con studi prospettivi (detti anche «studi di coorte»).
L'impostazione di entrambi questi studi può essere descritta con una tabella a doppia entrata, detta anche tabella di contingenza perché viene usata per determinare se la distribuzione di una variabile dipende in maniera condizionata (o contingente) dall'altra variabile. Tipicamente, negli studi prospettivi o retrospettivi più semplici, le due variabili tabulate sono rappresentate dalla "esposizione" e dalla "malattia".
La tabella di contingenza ha il seguente aspetto:
La tabella è molto semplice, ma ti consiglio di osservarla con attenzione, perché è la chiave per comprendere tutto quello che segue. Nella tabella si possono aggiungere i totali marginali (ossia i totali di riga e i totali di colonna), ottenendo due modalità di lettura («in verticale» per colonne, oppure in «in orizzontale» per righe), come nei due schemi che seguono.
Torniamo agli studi retrospettivi e agli studi prospettivi, e vediamo ora qual è l'impianto logico di ciascuno di essi.
Negli studi retrospettivi, lo sperimentatore inizia raccogliendo i cosiddetti «casi», ossia gli individui che presentano la malattia in studio. Nella tabella i casi sono rappresentati dal totale degli individui (a+c). Viene anche scelto un adatto gruppo di paragone (o di controllo) che comprenderà individui sani (b+d). A questo punto, attraverso una accurata anamnesi su tutti i soggetti in studio, si stabilisce come gli ammalati (a+c) debbano essere assegnati alle celle a e c. Analogamente si stabilisce quanti, fra i controlli, debbano essere assegnati alle celle b e d.
La tabella risulta ora completata, e si può impostare l'analisi, confrontando gli odds di esposizione nei casi (a/c) con gli odds di esposizione nei controlli (b/d) (confronto fra colonne) (quest'ultimo passaggio verrà spiegato nelle due Unità sucessive).
La struttura di uno studio retrospettivo è riassunta nello schema che segue.
Come già detto, gli studi retrospettivi sono basati su gruppi costituiti da individui che, già all'inizio dell'esperimento, sono noti come «casi» o «controlli»; per questo gli studi di questo tipo sono detti anche «studi caso/controllo».
Uno studio retrospettivo ha il vantaggio di fornire un risultato relativamente rapido, in quanto all'inizio dello studio il tempo necessario all'accadimento degli eventi è già trascorso. Un altro punto a favore degli studi retrospettivi, rispetto a quelli prospettivi, è la applicabilità a indagini su malattie rare, per le quali i casi possono essere raccolti retrospettivamente anche da ospedali e cliniche veterinarie.
È però da notare che, proprio per la loro stessa natura, gli studi retrospettivi forniscono - in linea di massima - risultati meno affidabili rispetto agli studi prospettivi. Si pensi ad esempio alla quota aleatoria connessa con l'accertamento dell'avvenuta esposizione attraverso una anamnesi basata sulla memoria degli addetti alla cura degli animali: si tratta evidentemente di un processo che porta con sé una certa dose di imprecisione.
Un altro elemento a sfavore degli studi retrospettivi riguarda l'eventualità che si voglia studiare una malattia di breve durata e a esito generalmente letale. In questa situazione, il "bias" potrebbe derivare dalla selezione dei casi, i quali sarebbero costituiti dai pochi animali sopravvissuti, certamente non rappresentativi della popolazione dei malati. Si potrebbe addirittura verificare il paradosso di considerare come causa di una malattia un fattore che in realtà è protettivo: proprio quello stesso fattore che ha consentito la sopravvivenza dei casi e che senz'altro risulterà fortemente associato a essi.
Uno studio prospettivo inizia selezionando due gruppi, entrambi costituiti da animali sani: un gruppo comprende soggetti che sono stati esposti alla presunta causa (o lo saranno in futuro), e l'altro soggetti che non sono stati esposti (e non lo saranno).
Quindi, gli animali vengono seguiti nel tempo e andranno a distribuirsi nelle colonne degli ammalati o dei sani.
In questo modo, alla fine dell'esperimento, la tabella risulterà completata con i valori a, b, c, e d.
Si prosegue effettuando la analisi dei dati, confrontando la proporzione di malati tra gli esposti [a/(a+b)] con la proporzione di malati tra i non esposti [c/(c+d)] (confronto fra righe).
La struttura di uno studio prospettivo è riassunta nello schema che segue.
Lo studio prospettivo (detto anche «di coorte») ha lo svantaggio di richiedere più tempo, in quanto si deve seguire nel tempo la comparsa degli eventi. Inoltre, esso non è applicabile a malattie rare per la difficoltà nel reperimento di un numero di casi sufficiente.
Gli studi prospettivi sono superiori a quelli retrospettivi perché meno soggetti a «errori sistematici», in quanto essi non dipendono da dati raccolti in precedenza magari con modalità poco affidabili. Infatti, il ricercatore è in grado di valutare personalmente la qualità dei dati raccolti, soprattutto per quanto riguarda l'esposizione, cosa che invece è sempre un po' aleatoria negli studi retrospettivi.
Un altro punto a favore degli studi prospettivi è che essi possono fornire una stima della incidenza (ossia del numero di nuovi casi che compaiono in un dato tempo) della malattia e possono essere utilizzati per studiare l'effetto di determinanti rari.
É forse opportuno ricordare di nuovo che gli errori sistematici sono vizi di impostazione di un esperimento che possono influenzarne i risultati, pregiudicandone l'interpretazione. Le principali fonti di errori sistematici negli studi retrospettivi riguardano l'accertamento della esposizione che, dovendo essere effettuato con una inchiesta anamnestica, è per sua natura impreciso e prono a interpretazioni soggettive. Anche la selezione dei controlli può essere fonte importante di errori sistematici. Infatti, non è sufficiente scegliere animali sani a caso, ma occorre che essi siano il più possibile simili agli ammalati; inoltre, se i risultati dello studio dovranno essere estesi alla popolazione, i controlli dovranno presentare una distribuzione dell'esposizione simile a quella della popolazione stessa.
Infine, nella figura seguente è illustrata schematicamente la differenza fra studi prospettivi e retrospettivi; in particolare, viene evidenziato il diverso momento di inizio dell'osservazione della popolazione in rapporto alla comparsa di malattia.
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
viene presentato un esempio di studio retrospettivo con dati reali riguardanti una eventuale associazione fra obesità del cane e calcolosi urinaria.