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OBIETTIVO:
Giustificare ed analizzare criticamente l'utilizzo della media ± la deviazione standard per stabilire il range di «normalità»
É già stato detto che fonti di variazione sono presenti in ogni misurazione di un carattere biologico. Tale variabilità non è tuttavia del tutto imprevedibile: infatti, molti fenomeni naturali seguono un modello teorico definito «curva di distribuzione Normale» o «gaussiana».
Questo modello ha una proprietà estremamente interessante. Infatti, in presenza di dati a distribuzione normale, si può risalire ai caratteri della popolazione che ha generato i suddetti dati conoscendo soltanto media e deviazione standard. Questa affermazione, che magari a prima vista ti sembra poco importante, è invece di grande valore, in quanto possiamo dimostrare che, in una gaussiana, il 95% dei dati cade nell'intervallo media ± 1.96 volte la deviazione standard:
Ampliando il discorso, si può dimostrare, ad esempio, che:
- l'intervallo [media ± 2.57 volte la deviazione standard] comprende il 99% dei dati
- l'intervallo [media ± 1.00 volte la deviazione standard] comprende il 68% circa dei dati
come illustrato nella figura che segue.
Parlando più in generale, si può dimostrare che:
- l'intervallo [media ± zvolte la deviazione standard] comprende il X% dei dati, dove i valori z e X vengono ricavati da apposite tabelle.
Quanto detto finora è utile per trovare la risposta ad una frequente domanda che sorge spontanea quando si effettua una misura di un carattere biologico su uno (o più) individui. La domanda è
il valore osservato deve essere considerato «normale»?
ESEMPI. Sono stati ottenuti i seguenti valori. Possono essere considerati "normali"?
- 240 pulsazioni cardiache/minuto in un pappagallino ondulato;
- 150.000 linfociti per mm cubo nel sangue di un bovino;
- 45 atti respiratori/minuto in un cane boxer adulto.
In pratica, per rispondere devi già conoscere quelli che sono ritenuti i «valori normali» oppure, se non li ricordi, devi consultare qualche apposita tabella.
Tutti sanno che il numero normale di globuli rossi nell'uonmo maschio è compreso fra 4.8 e 5.6 milioni per mm cubo.
A questo punto una buona domanda è la seguente; come sono stati stabiliti i «valori normali»? La definizione dei limiti della normalità è un processo complicato. A motivo dalla variabilità biologica, teoricamente qualsiasi valore potrebbe essere normale. La complessità del problema, anzi l'impossibilità a risolverlo in maniera definitiva, è dimostrata indirettamente dal fatto che sono stati proposti diversi criteri per stabilire la «normalità», e che nessuno di essi è immune da critiche. Tuttavia il criterio che va per la maggiore è il seguente:
In medicina si considerano «normali» i valori compresi fra il 2.5° ed il 97.5° percentile della distribuzione dei dati di una popolazione sana. Quindi:
Normale = FREQUENTE
Anormale = RARO
Come abbiamo già detto, spesso in biologia si osservano distribuzioni Normali; perciò in base alla proprietà della curva di distribuzione Normale, i limiti della normalità si ottengono con l'espressione [media ± 1.96 deviazioni standard].
Nel caso in cui la distribuzione sia asimmetrica, pur valendo sempre il principio del 2.5° e 97.5° percentile, il range di normalità non potrà essere calcolato semplicemente come [media ± 1.96 dev.st.], ma dovrà essere accertato in altro modo (ad esempio individuando i percentili in un tracciato cumulativo di frequenze).
Una semplice critica che si può avanzare riguardo alla definizione di normalità ora esposta è la seguente: se vengono considerati anormali tutti gli individui che si trovano al di sotto del 2.5 percentile ed al di sopra del 97.5 percentile, allora la prevalenza (ossia la frequenza) di ogni malattia dovrebbe essere esattamente pari al 5%; cioè, in una popolazione sarà sempre ammalato il 5% degli individui. Ciò evidentemente non è compatibile con il comune modo di intendere la frequenza di una malattia.
Attenzione, una critica alla critica: nell'obiezione ora esposta si assume (erroneamente!!!) che anormale sia sinonimo di ammalato.
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
inizia il breve Capitolo dedicato alla probabilità. In essa si definisce che cosa si deve intendere per probabilità e si propongono alcuni esempi elementari. Si introduce anche il concetto di eventi complessi (combinazioni o alternative).