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OBIETTIVO
illustrare alcuni caratteri dell'agente patogeno importanti ai fini della trasmissione della malattia
Fra le più importanti caratteristiche che influenzano la trasmissione degli agenti infettivi sono da annoverare: (1) infettività, (2) virulenza, (3) stabilità.
L'infettività è un attributo dell'agente che misura con quanta facilità esso è in grado di infettare l'ospite. L'infettività è inversamente proporzionale al numero di organismi necessari per l'instaurarsi dell'infezione in un determinato ospite.
L'infettività varia ampiamente in rapporto ad i diversi agenti.
ESEMPIO. I virus che infettano i batteri (batteriofagi) hanno un'infettività molto elevata: 1 solo batteriofago può indurre infezione in un batterio. Al contrario, nel caso dei virus animali, l'infezione si instaura soltanto con quote di virus molto più elevate (es. 1000 o 100000 particelle infettanti).
L'infettività può variare in rapporto ai differenti ceppi dello stesso agente e dipende anche da altri fattori quali la via di infezione, l'età dell'ospite, il suo stato di resistenza innata o acquisita ecc. Quando un agente è capace di infettare più di una specie animale, la sua infettività varia in rapporto alla specie ospite. In sostanza, l'infettività di un agente non è un parametro assoluto, ma deve essere specificata in correlazione con altre variabili.
ESEMPIO. La dose infettante di Campylobacter jejuni isolato da pollo è di 500 batteri per il pollo e di 107 per il gabbiano.
Il virus dell'encefalomielite aviare riproduce la malattia se somministrato in bassa dose a pulcini recettivi di 1 giorno di età; se si utilizzano pulcini di età superiore, sono necessarie dosi via via più elevate. Quindi, l'infettività del virus dell'encefalomielite aviare è strettamente correlata all'età.
La virulenza misura la patogenicità (o potere patogeno) di un agente, ossia quanto esso è capace di provocare una malattia e di indurre lesioni nei tessuti colpiti.
La stabilità di un agente è la sua capacità a sopravvivere per tempi più o meno lunghi al di fuori dell'ospite. Talvolta viene detta anche «resistenza». Gli agenti poco stabili nell'ambiente vengono detti «labili». Ovviamente la stabilità di un agente dipende molto dalle condizioni ambientali (temperatura, umidità radiazioni UV ecc.) in cui esso si viene a trovare.
Le spore batteriche sono fra le forme di vita più piĆ¹ stabili conosciute, potendo rimanere vitali per anni. Al contrario, alcuni virus (es. alcuni coronavirus dell'uomo) resistono soltanto poche ore.
Riassumendo:
INFETTIVITÀ = capacità di un microrganismo di penetrare e replicare in un ospite
VIRULENZA = misura del potere patogeno di un agente
STABILITÀ = misura del tempo di persistenza di un agente al di fuori dell'ospite
È da notare qui sopra sono state esposte le "classiche" definizioni di infettività, virulenza e stabilità, mutuate dalla microbiologia e che si riferiscono più all'interazione tra un agente ed un; singolo animale che a una popolazione.
In epidemiologia, l'infettività viene invece misurata su popolazioni di animali, e si ottiene calcolando la proporzione di individui che si infettano sul totale di quelli esposti all'agente.
Sempre ragionando in termini di popolazione anziché di singolo individuo, si può affermare che la patogenicità (o potere patogeno) di un microrganismo è esprimibile con la proporzione di infetti che sviluppano malattia clinica.
Attenzione a non confondere l'infettività con il concetto di morbosità, la quale invece misura la proporzione di ammalati sul totale di animali che possono contrarre quella malattia.
La virulenza di un agente è un altro fattore che influenza la trasmissione; essa è strettamente correlata alla patogenicità.
Per un dato agente, la virulenza viene definita come la capacità di moltiplicarsi nell'ospite e di indurre malattia e lesioni. Anche in questo caso si tratta di una definizione riferita al singolo animale. Per l'epidemiologo, la virulenza di un agente è correlata alla proporzione di animali ammalati che vanno incontro a malattia grave (o muoiono). Negli studi epidemiologici, la virulenza può essere stimata misurando la letalità.
ESEMPIO. Il virus della rabbia è provvisto di alta infettività, alta patogenicità ed alta virulenza. Infatti, gli individui che vengono esposti al virus (es. morsicati da un cane rabido [nota la terminologia: rabido, NON rabbioso!]) quasi certamente si infettano; inoltre, tutti quelli che si infettano vanno incontro a malattia e tutti gli ammalati muoiono.
É da notare che una elevata virulenza non è necessariamente associata ad una maggiore diffusibilità dell'agente nella popolazione: infatti, un agente molto virulento provoca la morte dell'ospite un breve tempo, e questo riduce la probabilità che l'agente si trasmetta ad altri ospiti recettivi.
Infine, il tempo durante il quale un microrganismo può rimanere infettante al di fuori dell'ospite è detto «stabilità». Alcuni organismi sopravvivono soltanto per breve tempo, cioè sono molto labili. La stabilità è aumentata dalla presenza, sull'agente, di una barriera protettiva (es. spora).
ESEMPIO. Le leptospire, agenti di malattia in diverse specie animali, sono poco stabili in ambiente secco. Il virus del vaiolo è molto stabile e, al riparo dalla luce solare diretta, può conservare l'infettività per anni. Le forme vegetative di Bacillus anthracis (l'agente del carbonchio ematico) sono relativamente labili, mentre le spore dello stesso batterio (e le spore batteriche in genere) sono fra le più resistenti forme di vita note.
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
si elencano altri fattori riguardanti il contatto fra animali.