OBIETTIVI:
apprendere una comune forma di espressione grafica dei dati;
constatare i progressi compiuti dalla medicina umana - per alcune malattie - nell'arco di un secolo;
porre l'attenzione sull'importanza dell'interpretazione dei dati.
Questa prima unità didattica ha una funzione introduttiva e in essa vengono proposti, per sommi capi, alcuni concetti di base per fornire una idea approssimativa riguardo all'approccio «epidemiologico» ai problemi sanitari. Più in particolare, vi si parla delle malattie nelle popolazioni, della mortalità nell'uomo e negli animali, dei progressi della medicina, dell'importanza dei dati e della loro presentazione e interpretazione.
Cominciamo col dire metaforicamente che la materia prima - malta e mattoni - di ogni edificio epidemiologico è costituita dai dati.
Che cosa sono i dati? Una risposta un po' più esauriente a questa domanda si trova nella prossima unità didattica; per ora basta dire che i "dati" sono numeri o valori o attributi inseriti in un particolare contesto, e che portano con sé una dose di informazione. I dati rappresentano il «raccolto» di ogni studio epidemiologico, e anche il mezzo per giungere a conclusioni scientificamente valide.
"Dati" sono contenuti, ad esempio, nel grafico (più precisamente: diagramma a barre) che segue.
I dati del diagramma sono stati raccolti dal più importante Ente internazionale che si occupa di sanità pubblica: l'Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization); essi rappresentano il numero di morti per alcune forme morbose nel 1900 e nel 1984.
In primo luogo è da rilevare l'espressione dei dati numerici sotto forma di diagramma a barre; questo è un tipo di espressione molto utile perché consente di cogliere le caratteristiche salienti e di effettuare raffronti direttamente «a colpo d'occhio» (prova per un attimo a immaginare la minor immediatezza se gli stessi dati fossero presentati in forma tabulare, e clicca sull'immagine a destra per vedere corrispondente la tabella).
La scala dell'asse orizzontale indica i tassi di mortalità per 100.000 persone e per anno (cioè il numero di morti ogni 100.000 persone in 1 anno per ogni causa considerata). Questo tipo di espressione (morti/100.000/anno), molto comune in medicina umana, può essere usato anche in medicina veterinaria, eventualmente modificando arbitrariamente la scala (es. morti/1000/anno oppure morti/10.000/mese ecc.) in rapporto alla dimensione numerica della popolazione di animali in studio e ad altri fattori.
Nel diagramma, le barre rosse forniscono i valori osservati nel 1900, quelle verdi i valori del 1984. Ad esempio, dal diagramma si desume che nel 1984 sono morte per cancro circa 190 persone su 100.000, mentre nel 1900 ne sono morte - per la stessa causa - soltanto 60 su 100.000.
Ora prova a confrontare le differenze fra barre rosse (anno 1900) e verdi (anno 1984) per ciascuna delle cause riportate nel diagramma, tenendo presente che nella porzione alta sono riportate le malattie infettive, mentre in basso vi sono le malattie non-infettive (per comodità il grafico è riprodotto rimpicciolito qui a destra, clicca per ingrandirlo).
Puoi facilmente notare che, per le malattie infettive, le barre verdi indicanti la frequenza di morti nel 1984 sono pressoché inesistenti. In altre parole, oggi le malattie infettive rappresentano soltanto una causa di morte trascurabile. In particolare, enormi progressi sono stati ottenuti soprattutto per quelle malattie infettive che, in passato, hanno rappresentato un flagello per l'umanità. Basti evocare, fra gli altri, morbi terribili quali: peste, vaiolo, colera; queste malattie non vengono nemmeno considerate nel grafico, in quanto già ai primi del '900 non rappresentavano più un problema.
Spiccano invece i progressi per altre temibili malattie infettive: tubercolosi, influenza, polmonite, difterite, gastroenteriti infettive e tutte le malattie dell'infanzia. Molte di queste malattie sono attualmente pressoché scomparse, almeno nei paesi industrializzati cui il diagramma si riferisce. Quelle che ancora persistono (es. alcune malattie infantili) non rappresentano più una causa di morte.
Ben diversa è la situazione in paesi meno sviluppati, come si intuisce facilmente se si considera che le malattie infettive causano annualmente nel mondo quasi 20 milioni di morti, cioè oltre 1/3 di tutti i decessi.
Una parte importante di questi progressi è da attribuire alla epidemiologia e alla medicina preventiva
I progressi nella Medicina e nelle condizioni di vita dell'uomo nei Paesi industrializzati sono da attribuire a una serie di fattori, fra i quali emergono per importanza: miglioramento dell'alimentazione, disponibilità di acqua pura, controllo dei vettori, pastorizzazione del latte, educazione delle madri riguardo all'allevamento dei figli, vaccinazioni, utilizzo di antibiotici, miglioramento generale dell'igiene e delle condizioni di vita.
In questo scenario, il contributo della medicina veterinaria non è stato trascurabile: basti pensare ai miglioramenti dell'igiene degli alimenti di origine animale e alla lotta alle malattie che possono essere trasmesse dagli animali all'uomo.
Anche in Italia la mortalità dell'uomo per malattie infettive e parassitarie, particolarmente elevata agli inizi del secolo, è andata progressivamente riducendosi nel tempo, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche e, recentemente, a una maggiore diffusione delle vaccinazioni e all'utilizzo di farmaci sempre più efficaci.
Nel 1998 si sono registrati, a causa di malattie infettive, solo 0.6 decessi ogni 10.000 uomini e 0.5 decessi per ogni 10.000 donne. A scopo di raffronto, considera che nello stesso anno i morti per malattie cardiovascolari sono stati 48 (maschi) e 32 (femmine), sempre ogni 10.000 individui.
L'interesse per la mortalità per malattie infettive e parassitarie oggi è, quindi, limitato ad alcuni fenomeni emergenti, quali la recrudescenza della tubercolosi, favorita anche dalla resistenza ai farmaci tradizionali di alcuni ceppi del batterio (Mycobacterium tuberculosis) agente della malattia. [Fonte dei dati: ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, www.istat.it].
Come si avrà modo di imparare durante il corso degli studi, la diminuzione della mortalità per malattie infettive è avvenuta, seppure in misura più limitata, anche nel settore veterinario relativamente agli animali "da compagnia" (i cosiddetti pets); al contrario, un analogo miglioramento non sembra essersi verificato nel settore dell'allevamento industriale degli animali "da reddito", ossia quelli allevati come fonte di guadagno (bovini, suini, pollame ecc.) per i quali le malattie infettive continuano a rappresentare fra le più importanti cause di danni economici o di mortalità.
Un'altra osservazione: esaminando il diagramma, si potrebbe dedurre che ai progressi ottenuti nel caso delle malattie infettive si siano associati dei regressi per altre forme morbose (cancro e malattie cardiache, per le quali la maggiore lunghezza della barra verde rispetto alla rossa testimonia che si è avuto un incremento della frequenza nel periodo 1900-1984).
Questi regressi sono soltanto apparenti e sono dovuti all'allungamento della vita media della popolazione avvenuto nel corso del XX secolo. Infatti, per una corretta interpretazione dei dati, bisogna tener conto che in una popolazione con molti anziani saranno più frequenti le malattie tipiche della senilità, quali appunto le neoplasie o le malattie di cuore.
La scienza medica ha fatto molti progressi e ha prolungato la durata della vita dell'uomo; tuttavia non si vive in eterno e quindi... di qualche malattia bisogna pur morire! È quindi del tutto logico che le patologie tipiche degli anziani rappresentino una importante causa di morte in popolazioni composte da molti individui in età avanzata. Per effettuare un confronto preciso che annulli l'effetto dell'età, i dati andrebbero standardizzati in base all'età (più avanti verrà proposto un esempio di standardizzazione delle misure).
Ad ulteriore dimostrazione dei progressi compiuti nel campo della sanità in tutto il mondo, nel diagramma a sinistra è riportato l'incremento delle speranze di vita delle popolazioni dei paesi sviluppati e non-sviluppati nell'arco del XX secolo.
Nonostante i progressi compiuti, ancora molto resta da fare. Dovrebbe essere costantemente presente, nella nostra coscienza di popoli di Paesi ricchi economicamente (ma forse non altrettanto ricchi sul piano morale e spirituale), la triste condizione in cui ancora versa una parte considerevole dell'umanità.
Dati emblematici sono rappresentati nel grafico a destra, che illustra l'andamento della mortalità infantile nel mondo. Dal 1960 al 2000 nei Paesi industrializzati la mortalità infantile è diminuita dell'80% circa (da 31 a 5.5); nell'Africa sub-sahariana, la diminuzione è stata molto più modesta (da 153 a 108, ossia circa il 30%). Deve far riflettere anche il fatto che nei Paesi non industrializzati la mortalità infantile è causata non da malattie intrinsecamente gravi o incurabili, bensì da patologie che potrebbero essere facilmente prevenute, quali semplice malnutrizione o disidratazione per diarrea.
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
viene ampliato l'argomento riguardante i dati e la loro interpretazione, e vengono elencati, in maniera essenziale, gli obiettivi pratici che si possono conseguire attraverso l'applicazione dei metodi epidemiologici.