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OBIETTIVI:
riflettere sul concetto di «salute» degli animali;
apprendere che il confine fra salute e malattia non è sempre ben definito;
imparare che negli allevamenti le malattie gravi o mortali possono risultare meno dannose delle malattie lievi.
Proseguiamo nell'esame dettagliato delle parole chiave della definizione di epidemiologia che abbiamo adottato (epidemiologia = studio della frequenza, distribuzione e determinanti di salute/malattia in popolazioni), ed in particolare consideriamo il binomio «salute/malattia».
Forse potresti pensare che l'utilizzo delle due parole «salute» e «malattia» sia una inutile ridondanza, e che quindi sarebbe stato sufficiente parlare più semplicemente di «determinanti di malattia».
Tuttavia, devi ricordare che, negli studi epidemiologici, sono sempre compresi sia animali «ammalati» che «sani»; d'altra parte, un animale può essere considerato ammalato solo se confrontato ad uno sano. Inoltre, lo studio del «perché» alcuni animali rimangono sani può essere utile a comprendere i motivi per cui altri animali si ammalano. Questo approccio è, in un certo senso, opposto a quello della medicina classica, che sostanzialmente studia soprattutto il «perché» l'animale si ammala.
In altre parole, l'epidemiologia studia le cause di salute e le cause di malattia, mentre altre discipline si limitano a studiare le sole cause di malattia. Ecco quindi giustificato l'impiego del doppio termine salute/malattia.
I termini "salute" e "malattia" hanno un significato piuttosto vago e impreciso; in effetti, è difficile stabilire un confine netto fra «salute» e «malattia». Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, per salute si intende (nell'uomo) «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non la semplice assenza di malattia o di infermità»; ovviamente è molto difficile stabilire quando un individuo si trova in «completo benessere». Questo vale per gli essere umani e, forse ancor più, per gli animali. D'altra parte, piccole alterazioni di questo stato di «benessere» non possono essere certo sufficienti a proclamare l'individuo «ammalato».
L'accordo sullo stato di "salute" e "malattia" può dipendere anche da fattori ambientali o sociali. Ad esempio, oggi una persona che ha febbre a 38°C è senz'altro ritenuta ammalata. Per i medici dei lager nazisti, invece, un detenuto era dichiarato "ammalato" soltanto quando la temperatura superava i 39°C.
Sempre allo scopo di sottolineare quanto possano essere imprecisi i confini tra salute e malattia, consideriamo la storia naturale di una malattia. La storia naturale comprende l'evoluzione naturale di una malattia nel tempo, ossia come essa si comporta, in assenza di qualsiasi intervento, sia nelle popolazioni che nei singoli animali.
Ogni malattia prevede il verificarsi di diversi momenti che segnano il passaggio dallo stato di salute allo stato di malattia. Questi momenti sono riassunti nello schema che segue, in cui l'evento "diagnosi" è contrassegnato da una linea tratteggiata, ad indicare che esso è estraneo, a rigore, alla storia naturale della malattia.
Un animale è «ammalato», in senso proprio, quando manifesta disfunzioni rilevabili attraverso i sensi dell'osservatore dette sintomi o, meglio, segni clinici; in questo caso si parla di malattia clinica.
D'altra parte, un animale può essere affetto anche da malattie non evidenziabili attraverso i sensi del medico veterinario; in questo caso si tratta di malattia subclinica, cioè di «anormalità anatomica e/o funzionale evidenziabile soltanto attraverso test diagnostici».
ESEMPIO. Gli allevatori di piccioni viaggiatori consultano il veterinario perché i propri animali hanno un basso rendimento nelle competizioni, pur apparendo in eccellente salute e perfettamente sani per quanto riguarda l'aspetto, la conformazione e le funzioni organiche.
Malattia subclinica = anormalità anatomica o funzionale evidenziabile soltanto attraverso test diagnostici
Negli animali «da reddito», l'accertamento dello stato di salute è più semplice: in questa categoria di animali, la produttività è considerata un buon indicatore dello stato di salute, in base al ragionevole principio che «un animale sano produce molto».
Vediamo ora qualche aspetto legato alla presenza di una malattia clinica oppure subclinica. In genere, una malattia in forma subclinica è meno grave, per il singolo individuo, rispetto alla stessa malattia in forma conclamata (malattia clinica). Tuttavia, a livello di popolazione, una malattia subclinica può essere più dannosa di una malattia clinica. Infatti, la malattia subclinica quasi sempre colpisce un maggior numero di individui. Ciò è abbastanza logico, se si pensa che essa non viene rilevata dall'allevatore; di conseguenza, non viene richiesto l'intervento del veterinario, né si mettono in atto metodi per la sua prevenzione. L'elevata frequenza di individui con malattia subclinica si osserva soprattutto per le malattie contagiose, in gruppi di animali molto numerosi ed in allevamento intensivo. Una buona regola generale (che, ovviamente, ammette eccezioni), è la seguente: indipendentemente dalla/e causa/e primaria/e della malattia, «il numero di animali con malattia subclinica è molto più elevato di quelli con malattia clinica». Osserva al proposito la figura sottostante «L'iceberg delle malattie».
Un esempio del "fenomeno dell'iceberg" è rappresentato dalla frequenza di morsicature dell'uomo da parte di cani. Negli Stati Uniti è stato recentemente calcolato che in 1 anno si siano verificati 20 casi mortali, 13.360 casi che hanno richiesto l'ospedalizzazione, 334.000 una visita al pronto soccorso, 451.000 una visita di altro genere e ben 3.730.000 casi di morsicatura che non sono stati sottoposti a trattamento medico di nessun tipo. Nell'ottica dei dati ufficiali di salute pubblica, le ultime due categorie, che non comportano una denuncia ufficiale, rappresentano la parte sommersa dell'iceberg.
Dati da: Weiss H.H. et al. (1998) Incidence of dog bite injuries treated in emergency departments. JAMA, 279, 51-53
Il fenomeno «iceberg» è estremamente importante in epidemiologia, perché lo studio dei soli individui con malattia conclamata (la parte emersa dell'iceberg) non è sufficiente per evidenziare un quadro esauriente dell'andamento di una malattia, della sua gravità e della sua importanza. Ad esempio, nelle popolazioni di animali domestici, il fatto che una malattia sia presente o meno in un gruppo di animali può essere meno importante rispetto alla frequenza della malattia stessa. Infatti, come già detto, una elevata frequenza di malattia, anche subclinica, esercita un impatto sulla produttività dell'allevamento.
ESEMPIO. La mastite subclinica della bovina da latte ad alta produzione è una malattia virtualmente presente in tutti gli allevamenti intensivi ed è praticamente impossibile da eliminare; tuttavia, è importante mantenere bassa la frequenza di animali colpiti affinché l'allevamento risulti economicamente conveniente.
Bisogna infine considerare che esistono molti altri fattori (management, tecniche di allevamento, alimentazione ecc.) che possono esercitare un grande impatto sulle produzioni animali, anche se, in sé, non sono capaci di provocare malattia. Come già visto, tutti questi fattori sono «determinanti» di salute o malattia.
Nella figura sottostante è riassunta schematicamente l'evoluzione che nel tempo ha subíto il concetto di "salute".
Questo approccio si integra alla perfezione con il concetto di "prevenzione".
NELLA PROSSIMA UNITÀ:
si illustra un'altra delle parole-chiave che entrano nella definizione di epidemiologia: la parola «popolazione». In particolare, viene sottolineato come, contrariamente al senso comune, per popolazione non sempre si debba intendere un insieme di individui.